Un uomo ha bisogno di fare la sua provvista di sogni. José Saramago.

Prendo ispirazione da due articoli e da un incontro. Gli articoli sono  pubblicati su l’Espresso (1) e il Fatto Quotidiano (2), l’incontro è avvenuto qualche giorno fa, al mercato. Ho incontrato per caso Matilde, una amica di mia figlia, ma più grande di lei, ormai al secondo anno di università. Il caso ha voluto che si parlasse di scuola. Parto da Matilde. Le ho chiesto notizie sul suo ultimo anno di liceo, su come fosse andato, e Matilde mi ha risposto: l’ultimo anno di liceo è stato terribile. Improvvisamente tutto quello che facevamo era diventato piccolo, ci siamo rinchiusi nel circolo valutazione-compito- interrogazione. La realtà, mi ha detto Matilde, è che le cosiddette lezioni frontali – le ha chiamate così, lezioni frontali con assoluta proprietà terminologica – sono una noia mortale, e anche se venisse a scuola il retore più brillante dell’universo al terzo giorno saremmo tutti stesi. Senza contare che tale retore non esiste perché siamo umani. I professori, ha soggiunto, poi ce l’avevano con noi, ma io non riuscivo a capire perché. Forse perché sentivano che sfuggiamo loro, che non li ritenevamo più interessanti.

La scuola ad un certo punto del suo cammino diventa inadeguata. A 18, 19 anni i ragazzi sono tenuti seduti per ore ad ascoltare. Forse – modeste proposte – bisognerebbe imporre che all’ultimo anno si insegnasse la storia recente del nostro paese; che la letteratura fosse sostituita dalla scrittura: e che alla scrittura si aggiungessero le scritture specializzate: cinema, teatro, poesia, saggistica; che le scienze fossero pratiche. Che le interrogazioni simulassero gli esami universitari, cioè si tenessero a fine trimestre su argomenti un po’ più vasti delle pagine assegnate giorno per giorno.

Vorrei dire ai genitori che mi leggono, che ciascuna fase ha i suoi problemi e che io sono genitore di una ragazza di ultimo anno, ma che le mie considerazioni non si basano sulle sue inquietudini, che pure ci sono, ma anche sulle chiacchierate con i suoi coetanei. Certo si tratta di considerazioni empiriche, impressioni personali. Vorrei anche dire ai genitori che si impegnano che il liceo è un progressivo cammino verso l’indipendenza e che cercare di determinare le loro decisioni è impossibile, se non controproducente per la loro crescita.

Infine, col senno di poi, vi dico che le occupazioni sono un segnale disorganizzato e disordinato, ma lucido nella sua semplicità. La scuola così com’è non basta più, e al di là della “buona scuola”, dei precari che vanno assunti, dei problemi degli insegnanti che si ritengono sottopagati (e oggi che la lotta per il lavoro si è spostata dall’essere sottopagati, al semplice “esser pagati”, improvvisamente gli insegnanti sono dei privilegiati) – ecco bisognerebbe tenere in considerazione anche questo fatto, il più importante. La qualità della vita e dell’insegnamento nella scuola. Se i licei inzeppano le aule di studenti, se le aule sono poco accoglienti, rumorose, se gli edifici sono cadenti, se le sezioni sono tante, ebbene i risultati a lungo termine saranno – come già sono – devastanti. “Elementari e licei risalgono agli anni venti, con le medie arriviamo agli anni sessanta. E oggi? (…) già nel progetto per la buona scuola proposto dal governo Renzi alla discussione pubblica del settembre scorso, solo due dei dodici punti di partenza riguardavano “cosa” insegnare e nessuno il “come”. (L’espresso, cit. pagg 66 e 67). E altrettanto devastante è l’ostinazione a tener fuori i genitori dal dibattito. Di didattica parlano solo gli insegnanti nel consiglio dei docenti, tempio inviolabile della didattica. E ancora più devastante il considerare i genitori degli intrusi, o considerarli solo come dei fiancheggiatori. Molti dirigenti puntano alla complicità con genitori, chiedono che le famiglie collaborino con la scuola, esclusivamente in termini di disciplina e di danaro. Preferiscono i genitori acritici, in linea con progetti pedagogici confusi, dove termini quali legalità, regole, obbedienza, la fanno da padrone. Non si accorgono che la scuola dovrebbe essere il momento di massima aspirazione alla libertà, di crescita individuale e non di accettazione acritica di regole sorpassate. Quelle stesse regole che magari in anni lontani venivano contestate da coloro che oggi le invocano: bisognerebbe salire sui banchi, come nel celebre film, perché le cose cambiano se viste in una diversa prospettiva.

 

Gianfranco Isernia

Consigliere rappresentante dei genitori

  1. Angiola Codacci Pisanelli, Cambiare la scuola? Mission Impossible, l’Espresso 9 aprile 2015
  2. Marina Boscaino, La ‘Buona scuola’ di Renzi è inemendabile – Il Fatto Quotidiano, 15 Marzo 2015

Foto di Luca Rossato, La riforma della scuola.