Riceviamo e pubblichiamo

Comunicato di un gruppo di genitori del Virgilio, in risposta al comunicato del Virgilio occupato 

Ci piacerebbe capire dove e come sia avvenuto il confronto “per settimane in maniera larga e trasversale” circa la necessità di un’occupazione della scuola, che avrebbe portato ad una democratica scelta di maggioranza priva di alcun dissenso, quando nulla di ciò è stato dibattuto nell’ultima assemblea studentesca ufficiale (e dunque accessibile a tutti).
Ci piacerebbe anche capire, se c’è una così grande maggioranza di studenti vogliosi di occupare, quale sia stata la necessità di picchettare e barricare i punti di passaggio, impedendo la libera circolazione di quella presunta sparuta minoranza che non si sentiva rappresentata da tale metodo d’azione.
Vorremmo anche che ci fosse spiegato come possa ritenersi credibile un “rifiuto del pensiero dell’assimilazione passiva e un allenamento al pensiero della decostruzione attiva e consapevole dei ruoli, per sperimentare il reale potenziale del ribaltamento degli equilibri di forza” attraverso un’azione ormai stereotipata e omologata nei suoi contenuti e nelle sue modalità, rituale quasi quanto il panettone, che, fattivamente, si risolve in 10 giorni di alzata di testa ed ebbrezza di potere, per poi tornare tutti a testa bassa a osservare – più o meno di buon grado – quelle regole che pochi giorni prima era così urgente sovvertire, fino al prossimo impulso di consapevolezza prenatalizia. Ottenendo così solo una prevedibile chiusura e rigidità da parte di tutti i docenti che si vedono additare indistintamente come il male oscuro che anestetizza il vostro senso critico.
Poi vorremmo capire di quale dialogo reciproco millantate la mancanza…quel dialogo che ha portato gli occupanti dello scorso anno a sequestrare in cortile per ore gli studenti che non erano d’accordo, impedendo loro di uscire dalla scuola e dissentire? O quello che quest’anno ha impedito loro di salire in classe e che li ha spintonati di qua e di là, finché non hanno trovato, faticosamente, una via d’uscita?
Di quale soluzione collettiva parlate, di quella univoca intransigentemente proposta da voi?
Se davvero volevate un dialogo, un confronto, una presa di responsabilità, perché non avete dibattuto di queste necessità nelle assemblee ufficiali e chiesto un’autogestione, accollandovi la fatica del confronto reale, con chi esprime una diversità, di pensiero e/o di ruolo, anziché esprimere una posizione di assoluto antagonismo che blocca ogni comunicazione?
Volete una scuola solidale con chi e inclusiva di chi, visto che private una buona parte dei vostri compagni del loro diritto di scegliere di voler far lezione e di preferire un “viaggio d’istruzione”, o uno “scambio linguistico” a un’occupazione? Magari perché non tutti i virgiliotti sono benestanti come si pensa e alcuni potrebbero non avere altre opportunità di andare all’estero, o di visitare certi luoghi, potrebbero far fatica a pagare delle ripetizioni private e hanno bisogno di recuperare in classe.O magari, semplicemente, non avete considerato che ci possano essere ragazzi che si ritengono più prevaricati da un informe branco di occupanti, che decide per loro in assemblee fantasma, la cui trasversalità è vincolata ad essere amici degli amici, più che da docenti che sono i primi a subire lo svilimento della scuola pubblica che la politica perpetra ormai da anni e magari pensano che quei docenti dovrebbero essere al loro fianco a gridare quello che si sta perdendo, anziché essere visti stereotipatamente come nemici. Perché i tempi sono cambiati. E le rivendicazioni, le modalità e gli slogan sessantottini sono fuori luogo. Anacronistici. Svuotano le vostre azioni di autenticità e di aderenza al reale.

 

Un gruppo di genitori in cerca di democrazia

 

(foto di Rodney Smith)