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Dispersione scolastica: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e terzo settore 

Martedi 20 gennaio 2015 alle ore 9,00

Sala della Piccola Protomoteca

Campidoglio – Roma

Un occasione per impostare un ragionamento complessivo che, a partire dai risultati della ricerca, ricolleghi l’azione educativa di scuola e extra-scuola per l’accoglienza, l’inclusione, il successo formativo.

Oggi, 20 gennaio 2015, è stata presentata la ricerca nazionale sulla dispersione scolastica presso la sala della Piccola Protomoteca del Campidoglio. Il fenomeno è stato analizzato da vari punti di vista, economico, sociale, dal punto di vista educativo e del benessere degli studenti. Hanno partecipato gli assessori Masini e Danese, la CGIL Scuola, Università La Sapienza, Dipartimento Scienze dell’Educazione, la Fondazione Agnelli e l’Associazione  Bruno Trentin, l’Arci Ragazzi, insegnanti dell’MCE e molte altre realtà educative operanti in Italia e a Roma.

Secondo le indicazioni della Comunità Europea il tasso di dispersione dovrebbe essere inferiore al 10% e il 40% dovrebbe raggiungere la laurea, questo per creare un’economia della conoscenza e una maggiore possibilità di benessere per il paese. Il problema è nazionale e non riguarda solo il sud. Secondo la dottoressa Farinelli e alcuni studi bisogna considerare nel dato della dispersione anche le bocciature e le assenze ripetute, che segnalano un allontanamento dei ragazzi dalla scuola e dal coinvolgimento in essa. Il sistema scolastico punitivo non funziona, ci sono sistemi dove non esistono le bocciature che funzionano meglio del nostro, dove si investe di più nella prevenzione. Non è un problema di risorse poichè l’Italia spende molto per la lotta alla dispersione, ma non abbiamo i risultati sperati e siamo ancora molto al di sotto degli obiettivi. Inoltre il sistema Italiano punta troppo sullo studio a casa delegando alle famiglie la riuscita del successo scolastico dei figli.

Più che tamponare il disagio bisognerebbe prevenirlo investendo nell’innovazione didattica e nella prevenzione.

Secondo la ricerca  della Fondazione Agnelli per questo servirebbe anche una maggiore collaborazione tra scuola e terzo settore. Una bocciatura costa al sistema economico circa 7000 euro l’anno, mentre un buon progetto di sostegno scolastico circa 431 ad alunno. I progetti di recupero scolastico devono passare anche per la socializzazione perché è importante creare relazioni positive per poi affrontare un percorso di apprendimento. Bisogna analizzare come vengono utilizzate le risorse e l’efficacia delle azioni messe in campo. I progetti delle scuole sono auto-referenziali, hanno difficoltà a mettersi in rete con altri soggetti. I progetti del terzo settore spesso vivono in mondi paralleli e non c’è una sufficiente analisi degli obiettivi e auto-valutazione.

Secondo il Professore dell’università La Sapienza Piero Lucisano non si può considerare solo l’aspetto economico, ma bisogna mettere al primo posto il benessere e la felicità dei ragazzi. La dispersione è solo la punta dell’iceberg, perché i ragazzi a scuola esprimono sofferenza. Quindi la scuola deve lavorare su un percorso di profonda innovazione, partendo dalle esigenze dei ragazzi che sono cambiate. Bisogna rendere i ragazzi partecipi dei loro processi formativi ed educativi, spesso non si sentono coinvolti ed interessati. Dare responsabilità agli studenti significa aumentare la capacità di leadership, è importante sentire la fiducia su di se’. Inoltre non si può tenere le persone più di due ore seduti ad ascoltare, anche nei corsi di formazione per insegnanti si è verificato che dopo questo tempo non si riesce più a seguire con attenzione.

Il rappresentante di CGIL scuola ha detto che bisogna predisporre un piano nazionale, solo uno sforzo convergente può sconfiggere la dispersione scolastica, la scuola da sola non ce la può fare. Deve allearsi. L’autonomia si è trasformata in isolamento, in abbandono. Gli studenti non ritengono più utile studiare, hanno meno competenze perché non praticano le competenze. Bisogna prevenire l’insuccesso formativo e rendere la scuola obbligatoria fino a 18 anni. Bisogna lavorare sul modello della scuola primaria, didattica più basata sui laboratori che vanno bene per tutti gli studenti e impostare un piano di superamento dei limiti strutturali della scuola italiana.

La rappresentante della rete GAG ha parlato di interviste e laboratori svolti con i ragazzi delle scuole superiori, ha detto che è stata colpita dal fatto che alla domanda “se devi associare una immagine alla scuola, cosa vi associ?” la maggior parte degli studenti ha risposto: “ ad un carcere”.

E questo ci deve far riflettere. I Ragazzi associano la scuola ad un obbligo e non al piacere di apprendere.

Nel mio intervento ho parlato delle esperienze del Forum Nazionale delle scuole aperte, una modalità positiva di costruire una scuola accogliente, inclusiva per tutti, basata su progetti di partecipazione e auto-gestione degli studenti e delle famiglie. Rilanciare i principi costituzionali della scuola gratuita e non discriminatoria. Un’altra scuola è possibile e alcune scuole hanno già realizzato questi progetti.

L’Assessore alla scuola Paolo Masini ha parlato di voler creare un protocollo sui diritti e la partecipazione rivolto a tutte le scuole per dare uno strumento concreto per aprire le scuole anche oltre l’orario scolastico. Le scuole devono essere centri culturali aperti al territorio e

luoghi di aggregazione per gli studenti. Le scuole aperte raggiungono maggiori risultati nell’inclusione  e l’istituzione comunale si impegnerà nel lavorare in questa direzione.

 

Relazione a cura di Francesca Valenza