Tra le strategie per influenzare l’opinione pubblica assume grande importanza l’uso del linguaggio e, in particolare, delle parole che, da sole o in locuzioni, possono far da veicolo a una ben determinata visione da far accettare.

Il loro uso generalizzato e la loro ripetizione continua le impongono come una visione del mondo che finisce per essere accettata come ovvia, incontestabile perché, dicendole, la critica ci muore in bocca.

Questo rende più difficile la contestazione di alcuni concetti e, in una certa misura, la possibilità di pensare soluzioni diverse, lavorando di fatto per la conservazione, la diffusione e il consolidamento di una ben precisa concezione dei rapporti sociali

Ne esaminiamo due venute fuori dalla partecipazione del nostro stregone all’incontro delle scuole del I Municipio:

Dirigente. Preside.

Si è passati dalla denominazione, per il responsabile di un istituto scolastico, di direttore o preside, a seconda del tipo di scuola, a quella di dirigente. Nella materna è rimasta, per altro poco usata, la definizione di coordinatore.

Questa equiparazione nominale al dirigente d’azienda mette inevitabilmente l’accento sulla volontà di considerare anche la scuola, come già fatto in altri campi, appunto un’azienda.

La priorità diventa quindi il bilancio, si vuole evidenziare che il dirigente di un istituto dovrà essere principalmente attento alla gestione economica e che i fruitori saranno suoi clienti!

La parola preside, invece, contiene in sé l’idea di una persona che presiede un collegio di rappresentanti di tutti gli elementi dell’ istituto ( studenti, docenti, personale ausiliario, genitori ) e che, quindi, prende le decisioni d’accordo con loro.

Non manca poi la radice di presidio cioè l’ idea di tutela, controllo quindi dell’andamento dell’apprendimento e salvaguardia della crescita completa di tutti gli studenti come priorità assoluta.

Dirigente non a caso fa pensare ad una persona che guida un’ istituzione secondo una sua insindacabile o quantomeno personale visione e che deve rispondere esclusivamente a una persona, il titolare, in questo caso a colui che l’ ha incaricato.

Riprendiamo a chiamare, sempre e comunque, il direttore di qualsiasi istituto scolastico preside.

Eccellenze.

Il termine, diffusosi di recente, è diventato rapidamente di uso comune.

Si intenderebbe ricercare e promuovere l’emergere di elementi che si distinguano per particolari qualità; è funzionale al convincimento che si debba costruire una propria personale fortuna: Io creo un mio benessere sorpassando altri… che l’avranno minore.

L’espressione ultimamente si è molto diffusa specialmente nella pubblicità dove, chiaramente, tutti i prodotti sono stati subito definiti eccellenze nel loro campo.

Ogni attività, ogni azienda, perfino le scuole si definiscono “d’eccellenza” annullando di fatto la definizione…da cosa si eccelle se tutti eccellono?

Sono convinto che, per il vero progresso di una nazione negli interessi della sua popolazione, sia fondamentale il livello di cultura generale ed è su questo che bisognerebbe appuntare l’attenzione e gli investimenti partendo dalla scuola.

Da questa solida piattaforma possono poi fiorire anche soggetti che, particolarmente dotati ma, specialmente, consci della loro responsabilità sociale, possano operare per la crescita di tutta la comunità.

Questo termine, invece, che ha un significato di “innalzarsi da”, “sorpassare”, veicola un messaggio di competitività e di supposta superiorità. Un’eccellenza che dovrebbe, inoltre, essere calata dal cielo per riuscire a svilupparsi in una scuola sempre più priva di mezzi.

Leonardo da Vinci è diventato Leonardo anche e soprattutto perché è vissuto in un’epoca di fervore culturale e si è formato in un ambiente come quello della Firenze dell’epoca.

Oggi non so come si possa favorire lo sviluppo di piccoli geni in una scuola di sostanziale e coltivata ignoranza.

Se in classe , ad esempio, mi trovo, per il programma di matematica, 2 elementi su 24 che capiscono al volo e potrebbero andare molto più avanti, che devo fare, abbandonare gli altri 22 ? Se qualcuno riesce a seguire, meglio, altrimenti, pazienza!

Oppure, per favorire la nascita di eccellenze, devo solo elogiarli, dar loro voti alti e spedirli a fare qualche gara con altri primi della classe? Allora, forse, si vuole stimolare l’emulazione. Temo, però, che così sarà il resto della classe ad escludere e isolare i due, incattivendo fin d’ora i presunti futuri capi.

Mi sembra si insista sulla esaltazione della competitività, si vogliono creare tipi competitivi funzionali a coloro che la gara non avranno bisogno di affrontarla mai, né loro né i loro figli, sapendo bene che la gerarchia e quindi i privilegi, si decidono in modi diversi dalla competenza e dalla bravura. Non mancano certo gli esempi, da noi, in Italia, sono anche troppi.

Inoltre si vuole far accettare fin dai primi anni di vita sociale che è giusto che alcuni ricevano più di altri perché sono migliori, ”eccellono’’…

Stefano Sinibaldi.