La proposta di un libro al mese da leggere o da rileggere come stimolo per meglio comprendere, senza distinzione tra vecchi e nuovi. Aspettiamo suggerimenti e riflessioni sul già proposto.

I Dannati della Terra” di Frantz Fanon

Più di cinquant’anni fa, nel Dicembre del 1961, moriva per leucemia Frantz Fanon. Solo pochi mesi prima, si era ancora in piena guerra franco-algerina, il coraggioso libraio-editore François Maspéro, aveva pubblicato il suo scritto sul colonialismo “I Dannati della Terra”. In Italia Einaudi lo pubblicherà subito dopo con una tempestività d’altri tempi. Fanon nasce nel 1925 in Martinica, sotto la dominazione francese. Partecipa come volontario alla guerra di liberazione della Francia dalla dominazione nazista. Qui , in seguito si stabilisce e, nel 1952, si laurea in Medicina specializzandosi poi in Neuropsichiatria. L’anno dopo lavora in un ospedale algerino dove resterà fino al 1956 quando, per il suo appoggio al movimento per l’indipendenza, viene costretto ad abbandonare il paese. Si rifugia nella vicina Tunisi da dove opera il comitato di coordinazione del Fronte di Liberazione Nazionale algerino (FLN). Il suo saggio nasce dall’esperienza in Algeria ma si allarga fino a diventare un esame e una condanna del colonialismo in sé, indicando nel terzo mondo il possibile futuro protagonista di un cambiamento del corso della storia. Fanon si rivolge, partendo dalla tragedia del Nord Africa, a tutta l’umanità andando a esaminare i criteri alla base del fenomeno del colonialismo e dello sfruttamento in generale. Jean-Paul Sartre coglie bene, nella prefazione del libro, questo aspetto: “…l’oppressione si palesa: i nostri soldati, oltre mare, respingendo l’universalismo metropolitano, applicano al genere umano il “numerus clausus” dato che nessuno può, senza reato, spogliare il suo simile, asservirlo e ucciderlo, pongono a principio che il colonizzato non sia il simile dell’uomo…per giustificare il colono di trattarli come bestie da soma” . Come sempre è il linguaggio che sancisce questa barriera; dice Fanon:”…il linguaggio del colono, quando parla del colonizzato, è un linguaggio zoologico…il colono quando vuole descrivere bene e trovare la parola giusta, si riferisce sempre al bestiario.” Nel capitolo “Guerra coloniale e disturbi mentali” si analizzano alcuni casi di colonizzati e anche di colonizzatori con i terribili danni prodotti nelle loro vite dalla guerra di occupazione. Non ci si limita, però, alle analisi, per altro ancora oggi illuminanti. Fanon vede un possibile cammino di miglioramento: “…i paesi sottosviluppati devono sforzarsi di mettere in luce valori che siano loro propri, dei metodi e uno stile che siano loro specifici. Il problema davanti a cui ci troviamo non è quello della scelta tra il comunismo e il capitalismo almeno per come sono stati definiti da uomini di epoche e continenti diversi. E’ la scelta, invece, di una politica basata sul principio che l’essere umano è il bene più prezioso…rendendo così impossibili quelle caricature di società in cui pochi detengono l’insieme dei poteri economici e politici senza curarsi della totalità nazionale”. Infine nella “Conclusione” l’autore indica chiaramente la mancanza di razionalità nel desiderio di riscatto basato solo sull’aumento della produzione e lancia una frecciata al sarcasmo degli sciocchi, non mancano mai, che lo accusavano di ingenuità: “Ma allora importa di non parlare di rendimento, di non parlare di sviluppo, di non parlare di ritmi. No, non si tratta di un ritorno alla natura. Si tratta, molto concretamente, di non trascinare gli esseri umani in direzioni che li mutilano, di non imporre al cervello ritmi che lo guastano.. Non bisogna, sotto pretesto di colmare il distacco, malmenare l’uomo, strapparlo da se stesso, dalla sua intimità, spezzarlo, ucciderlo.”