Il libro di Dicembre: “A People’s History of the United States”

(“Storia del popolo americano”) di Howard Zinn

 

La storia degli Stati Uniti dal punto di vista delle popolazioni che lo hanno abitato e lo abitano. Oltre alle analisi storiche ci sono delle proposte e degli auspici per il futuro come quello, particolarmente interessante, del cap.XXIV: “L’imminente rivolta dei guardiani”. Zinn intende la ribellione degli attuali collaboratori dello status quo che passeranno dal tremebondo rispetto per lo stato e per gli statisti, dato solo in quanto tali, a togliere finalmente le leve del potere agli sfruttatori, ai meschini, agli ignoranti che ci stanno portando verso la fine dell’essere umano.

E’ un’occasione, secondo noi, per riflettere sulle varie metodologie e sulle diverse interpretazioni adoperate nello scrivere la storia che, se ben conosciute, possono sviluppare in maniera particolare lo spirito critico dello studente di ogni età.

Nello studio della storia, anche e soprattutto di quella recente, fino ai giorni nostri,

la conoscenza di un avvenimento deve evidenziare, innanzitutto, che ciò che leggiamo è una scelta personale del curatore.   La storia, potremmo dire, è la storiografia, nel senso che è come la si scrive, non è separabile dalla visione del mondo di chi racconta, anche se in buona fede.

Chiunque scriva di un avvenimento opera una selezione, fornisce una sua prospettiva.

La maggior parte degli storici ci hanno tramandato un racconto in funzione del potere dominante. Hanno cercato di esaltare una propria fazione e ci hanno, comprensibilmente, fornito una personale interpretazione della società.

Per formarci un’opinione su un determinato avvenimento non dovremmo mai affidarci ad un testo unico e considerarlo veritiero.

La concezione della storia che, di solito, si vuol far passare è quella ben illustrata dalla visione di Thomas Carlyle, le cui idee influenzarono profondamente Hitler, che era un suo grande estimatore. In questa visione c’è la bramosia per un tranquillizzante ordine costituito e imposto da un potere forte. E’ una storia che privilegia una specie di somma finale dove si guardano i vantaggi raggiunti per una entità astratta ( uno stato, una nazione o addirittura una razza) e non i cambiamenti generali delle condizioni degli individui.

Ad esempio, quando Carlyle elogia Maometto come ispiratore e artefice primo delle conquiste dell’Islam, ritiene trascurabile pensare cosa sarebbe stato meglio per quelle tribù di pastori arabi o quanti dolori siano costate quelle imprese.

Temiamo il disordine, lo vediamo come il caos perché incapaci di accettare che il mondo non sia regolato e cerchiamo un’ancora, qualsiasi essa sia, alla nostra disperata paura.

Nelle nostre esperienze la realtà ci si presenta a volte con casualità, variabilità, incostanza, disordine, ma così andrebbe accettata, cercando di scoprirne il lato positivo.

La paura, però, invade le nostre menti e c’è il rischio che alla fine ci diriga verso un salvatore e contro un nemico, qualsiasi esso sia.

Sono ritenuti, infatti, sempre gli altri ad aver bisogno di essere inquadrati e puniti, per cui anche un regime violento e totalitario risulta accettabile, nella speranza che si prenda le nostre responsabilità e nell’illusione che i suoi metodi non ci riguardino troppo da vicino.

Siamo disposti così ad appoggiare una visione per cui esisterebbero i grandi uomini investiti da una missione e liberi da ogni obbligo, mentre l’umanità intera dovrebbe essere subalterna. E’ evidente quanto in politica ogni mascalzone possa trovare in questo la giustificazione a qualsiasi suo comportamento.

Riflettiamo sul fatto che non esiste e, se guardiamo bene alla storia, non è mai esistita un’idea o una politica create da una singola persona.

La storia che ci interessa è la storia delle popolazioni, dei movimenti e delle idee.

Ogni idea, ogni intervento, ogni realizzazione ha una sua rete di precursori e di sostegni culturali, è, insomma, in stretto rapporto complementare con più elementi, non appartiene ad una sola persona ma alla comunità di quell’epoca e di quel luogo.

Al massimo qualcuno di noi riesce a chiarirla, a svilupparla, a renderla patrimonio cosciente di tutti, se ne fa, insomma, interprete.

Scegliendo di guardare la storia dal punto di vista delle popolazioni, uno splendido esempio può essere fornito dalla lettura del libro di questo mese di Howard Zinn.

In questo lavoro troviamo alcuni concetti fondamentali: innanzitutto l’idea che le nazioni non sono e non sono mai state delle comunità omogenee per cui la memoria di uno stato, i suoi ideali, non parlano delle esigenze di tutte le persone che lo abitano ma di alcuni gruppi in rapporto ad altri. Quindi non esiste un interesse comune che giustifichi il valore dell’appartenenza nazionale.

Il dovere delle teste pensanti è quello di non stare, con una prospettiva più ampia, dalla parte dei carnefici e degli oppressori.

Dallo studio della storia possiamo e dobbiamo prendere lo spunto per progettare un futuro nell’interesse della totalità e non dei gruppi egemoni.

 

“Storia del Popolo Americano. Dal 1492 a oggi.”   Il Saggiatore. Euro 22.

a cura di Stefano Sinibaldi.