Pubblichiamo alcuni contributi che abbiamo ricevuto. Grazie.

Vorrei postare il seguente messaggio sul blog del Virgilio:

EUNO PELLEGRINO

Con sentenza del 30 marzo 2000, la Corte di cassazione è intervenuta sulle oocupazioni studentesche rilevando che esse non sono un’ arbitraria invasione di edifici e non una qualsiasi occupazione illegittima. Affermando in particolar modo che l’edificio scolastico, pur appartenendo allo Stato, non costituisce una realtà estranea agli studenti, che non sono dei semplici frequentatori, ma soggetti attivi della comunità scolastica e pertanto non si ritiene che sia configurato un loro limitato diritto di accesso all’edificio scolastico nelle sole ore in cui è prevista l’attività scolastica in senso stretto.

Euno, un genitore del Virgilio

 

RICEVIAMO DA M.W. ANGELINI

Mi chiedo cosa è e debba essere la scuola e provo a partire da quanto proposto in merito dalla nostra preside e da quanto proposto nel comunicato degli studenti occupanti.

La prima sottolinea che la scuola è “un luogo di dialogo e di apertura, è un luogo dove si cresce insieme, dove si esercitano la pluralità e il rispetto, dove si tutelano i diritti, ci si assumono responsabilità, ci si fa carico dei doveri”. Nel secondo trovo espressioni come “responsabilizzazione”, “dialogo reciproco”, “intento educativo”.

Mi sembra che la cerchia di valori sopra proposti faccia parte di quell’insieme di valori appartenenti alla società civile cui apparteniamo e che tutti vogliamo migliore di quella che è, in un processo continuo che non ha termine, ma mete successive cui di volta in volta indirizzarsi. Non può che esser così stante il substrato culturale in cui ci muoviamo. Considero questo un aspetto positivo, utile per avvicinarsi e non per contrapporsi.

Mi chiedo ancora perché i nostri ragazzi, le studentesse e gli studenti del Virgilio (e delle altre scuole in questi giorni occupate) facciano uso di uno strumento così forte e allo stesso tempo limitante altre prerogative, altri interessi e valori ‘legittimi’.

Posso affermare che è una moda, un rito inserito nel correre dell’anno, un modo per evadere gli impegni, i doveri scolastici? Non so, non mi sembra o, forse, è così per alcuni, ma non lo è per altri: come tutti i fenomeni sociali è un fenomeno complesso che ha tante letture e diverse risposte, ma, sopratutto, pone, mi pone, tante domande.

Mi chiedo se lo studente occupante, quello consapevole, non usi questa pratica per affermare che l’edificio ‘scuola’ “tende ad offrire servizi standardizzati, condizionati, oramai inevitabili, sui quali i loro presunti fruitori (docenti e studenti) non hanno alcuna influenza” (I. Illich). Osserviamo bene il processo di apprendimento che ognuno di noi, a suo modo e attraverso la propria storia personale, ha avuto. Questo è ed è stato il più delle volte non tanto il risultato dell’istruzione, ma di una libera partecipazione ad un ambiente significativo. Si impara, quasi sempre, stando dentro le cose, mentre la scuola oggi tende o rischia di pianificare tutto, a perdere di significatività. Questa perdita rischia di soffocare gli orizzonti della nostra immaginazione, ma ancor di più di quella di chi è più giovane di noi che, naturalmente, fisiologicamente, ha una apertura al mondo ancor più vivace.

Se si perde la possibilità di mantenere il Virgilio un “ambiente significativo”, come ogni sistema pianificato, strutturato, si corre il rischio di fare dei danni: nel sistema scuola il danno, il rischio potenziale, è elevato poiché si riversa su uomini e donne che la scuola la partecipano come studenti, come docenti, come genitori. Per molti la scuola sta perdendo di significatività, certamente chi ci sta dentro, tutte le figure che la ‘occupano’ quotidianamente, per almeno 206 giorni l’anno, questo non vogliono. Gli intenti e le azioni dell’attuale preside, ma anche quelli degli studenti, occupanti e non, percepisco, che non hanno questo obiettivo.

Certo dei mutamenti ci sono e mi preoccupano: quando, entrando in una scuola, osservo che il responsabile non è più appellato preside, ma dirigente scolastico sento che qualcosa non torna: credo che la scuola non debba essere considerata alla stregua di un’azienda: è lo stesso disagio che provo quando vedo che i luoghi di cura sono definiti “aziende ospedaliere”.

Ma allo stesso modo non mi torna, e ciò mi preoccupa, quando un’occupazione si ripete nel tempo e negli anni: come si è considerato il problema, quali strumenti sono stati utilizzati, possibile che il disagio non trova altri sbocchi se non quello della azione forte? E la risposta o reazione a questa non rischia di essere considerata altrettanto forte e prevaricante e percepita come miope da chi la subisce?

Tutto questo lo percepisco come decadenza e impoverimento del luogo, oggi principale, dove alimentare cultura, crescita, senso critico, senza i quali quel luogo, la scuola, il Virgilio perdono di significatività.

Torno alle due note, della preside, della nostra preside, e degli studenti, dei nostri studenti che questo spazio, il Virgilio, sono chiamati a riempire e vivere.

Le rileggo e percepisco che il cosa è la scuola per gli occupanti non è lontano da quello che il Virgilio tutto si propone di essere e di realizzare. Entrambi vogliono crescere: la struttura dando elementi e alimenti per far fermentare in ognuno il senso critico, la capacità di analisi e di sintesi; gli studenti sperimentare questi strumenti per porli alla base, a fondamento del proprio presente e del proprio futuro.

Percepisco anche, che questi ultimi, gli studenti, quelli consapevoli, ma anche quelli che la scuola deve aiutare ad esserlo, sentono il rischio, oserei dire hanno ‘paura’, che la scuola oggi sia il luogo dove viene fornita una istruzione che soffoca gli orizzonti della loro immaginazione e delle loro speranze.

Certamente l’istituzione Virgilio non vuole questo, non vuole essere dispensatrice di manuali di ‘istruzione’ predisposti secondo le norme di standardizzazione di processi produttivi, non lo vogliono i docenti, non lo vogliono gli studenti e non lo auspicano i genitori. Nei due comunicati ci sono valori condivisi e sovrapponibili che proprio nella scuola nel nostro Virgilio possono non contrapporsi ma confrontarsi per crescere insieme rispettando le diverse individualità.

Non dobbiamo perdere questo legame tra studenti e docenti; è banale ricordarlo, ma gli uni non esisterebbero se non esistessero gli altri: insieme possono far crescere l’istituzione scuola orientata all’uomo e per l’uomo. Insieme, ognuno nel rispetto del ruolo che riveste e del ruolo dell’altro, possiamo renderla, secondo i sani principi proposti dal secondo comma dell’art.3 della nostra Carta Costituzionale, uno dei luoghi principali di sua realizzazione, se non il primo: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

I valori di base ci sono e a mio parere sono stati espressi dagli attori in causa.

 

m.w. angelini

(genitore iscritto al primo anno del Liceo Ginnasio Statale «VIRGILIO»)

Riceviamo da Chiara Morabito

… voglio solo dirvi che oggi mi è stata inoltrata dalla rappresentante di classe una mail  che ci informa che partiranno dei corsi e delle uscite guidate per i ragazzi che non vogliono perdere la scuola, alla succursale. Io non trovo corretto questo modo di affrontare il problema, mi sembra che anche sul sito della scuola, oltre ad insulti gratuiti (i ragazzi vogliono farsi una vacanza e altre amenità sui genitori che non li controllano) non c’è una reale voglia di capire e di confrontarsi. Le divergenze di idee sono rispettabilissime ma, per fare un esempio, mio figlio frequenta l’internazionale francese, il primo anno, e mancando la professoressa di francese per circa quindici giorni, non è stata sostituita. I ragazzi hanno perso tempo e tante lezioni ma nessuno ha visto questo come una lesione del diritto allo studio. La stessa professoressa ha detto esplicitamente ai ragazzi, che sono rmasti pietrificati,  che lei non favorirà nessuno scambio (di quelli che erano previsti con il gemellaggio con una scuola francese) perché non la pagano per andare all’estero. Tuttavia, tutti quelli che si sono iscritti alle classi di liceo internazionale lo hanno fatto perché all’open day hanno illustrato una offerta formativa che si fondava proprio sulla possibilità, anzi l’obbligo, di frequentare in Francia alcuni periodi dell’anno. Molti dei ragazzi della classe di mio figlio si svegliano tutte le mattine alle 6,00 (mio figlio è fortunato alle 6,30) perché si erano innamorati della possibilità di frequentare il liceo internazionae, di potere frequntare alcuni mesi una scuola all’estero. Ma anche qui nessuno ha parlato di lesione del diritto alo studio, e neanche di legalità violata. Allla prima riunione della classe i professori ci hanno detto che, per il primo anno non porteranno i ragazzi a fare una gita di classe, e che, per le uscite di un giorno (mostre, musei…) se ne sarebbe eventualmente parlato più in là…. ora non vi sembra pretestuoso organizzare, proprio durante l’occupazione, quelle visite a mostre e musei per le quali a ottobre sembrava avremmo dovuto aspettare non si sa quanto tempo? Rispetto il lavoro dei professori e della Dirigente, ma sono assolutamente sconcertata dalla violenza verbale che ho notato nel messaggio della dirigente e in quasi tutti i commenti che sono seguiti.Mi piacerebbe che potessimo organizzare un gruppo di confronto con i ragazzi, per chi ne ha voglia, solo per capire, senza sbeffeggiare e ingiuriare. D’altra parte, dalla lettura del programma degli studenti, emerge anche una loro voglia di confrontarsi… perché noi, i professori e anche la Dirigente scolastica non varchiamo il portone della scuola, mettendo da parte i falsi moralismi?
Scusate per i pensieri sparsi.
Chiara Morabito

Riceviamo da R. Nicastro

Sono un genitore di una ragazza che frequenta una II e vorrei dare un mio piccolo contributo di opinione.

Scrivo perché ho letto il comunicato della preside e quello degli studenti sull’occupazione del Virgilio e vorrei fare alcune riflessioni a caldo.

Mi ha sorpreso il livello di retorica del comunicato della preside. E’ in stile istituto luce anni ‘30, con corsivi sproporzionati che richiamano alla “barbarie” la cui fonte resta ignota, e inoltre penso che abbia avuto soprattutto lo scopo di sminuire, giudicare e ridicolizzare le azioni degli studenti occupanti. A poco valgono, a mio avviso, i tentativi di far emergere le eccellenze promosse dall’attuale dirigenza. Anche perché, onestamente, queste mirabilie appaiono del tutto in contrasto con le difficoltà oggettive che viviamo (ad esempio: assenza prolungata di docenti fondamentali per alcuni corsi di studio dei nostri ragazzi – cosa che è solo in parte imputabile alla preside ma del tutto in linea con un idea di scuola che funziona solo per i corsi d’elite –, flop organizzativi clamorosi per le iniziative di studio extracurriculari, le telecamere dei carabinieri dentro scuola, etc.). La messa in ridicolo delle opinioni degli studenti, l’approccio giudicante del comunicato, onestamente, mi avevano anche un po’ allarmato poiché ho temuto che le argomentazioni degli occupanti fossero davvero “povere”.

Poi, invece e per fortuna, ho letto il loro comunicato. Non vi ho trovato retorica, ma chiarezza. Non voglio entrare nel merito delle loro rivendicazioni “esterne”…sono le loro. In ogni caso, tuttavia, considero positivamente che questi ragazzi guardino anche alla società, alle questioni politiche, al mondo che li riguarderà. Ma penso che quello che scrivono sulle questioni “interne” sia davvero molto utile. Che sia apprezzabile soprattutto il loro linguaggio, chiaro e diretto. Il desiderio di vivere la scuola non appiattita al mero nozionismo, alle derive competitive e di mercato, ma aperta al dibattito e al confronto di cui, almeno gli occupanti, sentono l’esigenza.

Una cosa di quello che scrive la preside, devo dire onestamente,  l’ho pensata anch’io e cioè che la forma routinaria dell’occupazione autunnale fosse inutile, forse anche un po’ pericolosa in questo delicato momento di transizione alla vita adulta dei nostri ragazzi. Il rischio, ho pensato, è quello di un “appuntamento fisso”, di scarsa efficacia e di livello eccessivo rispetto alle ragioni della protesta. Ho pensato varie volte che si dovrebbero occupare la scuola, i posti di lavoro, le università, le strade, etc., quando è veramente indispensabile, quando non c’è alternativa.

Ma il comunicato degli occupanti della nostra scuola mi ha spiegato quanto sia importante per loro questa “oasi”. Bravi! Mi avete fatto capire una cosa fondamentale. Quanto sia importante anche solo “accontentarsi” di questo. E ho capito che ciò di cui hanno bisogno è essere considerati soggetti attivi e non passivi di questo modello di Scuola. Questo penso che basti. Non penso siano di “cattiva volontà”, come dice la preside mettendoli in contrapposizione con chi non occupa. Né che lo siano coloro che non hanno occupato.

Li ho letti e ho capito che non c’è povertà nel loro ragionamento. E mi sento sollevato.

Lo sono un po’ meno dai toni di aperto contrasto della preside che fanno leva sulla legalità. Faccio notare che personalità come Maria Montessori, Don Sardelli, Don Milani e, per fare esempi più recenti, Simonetta Salacone, solo per citare alcuni educatori veri, che per me rappresentano ancora dei riferimenti importanti, hanno vissuto spesso i profondi limiti della “legalità” del loro momento. C’è chi ha sostenuto le barricate per portare a scuola i ragazzi di borgata, chi ha occupato la scuola per consentire che ragazzi Rom potessero seguitare ad essere integrati in un progetto di scuola inclusiva, chi, per le sue idee innovative nella pedagogia, ha dovuto espatriare poiché invisa al regime o ha dovuto subire i contrasti della gerarchia ecclesiastica. La legalità non sempre ha ragione! E una dirigenza coraggiosa con questa cosa ci fa i conti.

Mi dicono di un comitato dei genitori mercoledì. Che si sta pensando di farlo fuori scuola. Penso che, se lo facessimo a scuola, potremmo contribuire a far capire che ascoltiamo i nostri ragazzi. Penso ne abbiano bisogno e chissà che anche la preside non provi a farlo…

R. Nicastro.