Spesso sono alle prese con commenti di troppe persone (Dio perdona loro perché non sanno quello che dicono ) che denotano un atteggiamento decisamente superficiale e scarsa conoscenza di che cosa significhi veramente il percorso formativo del Liceo Classico ed in particolare studiare Latino e Greco: il più delle volte si descrive il Classico come una scuola parolaia e retorica, avulsa dalla realtà e incapace di formare nei propri alunni una forma mentis scientifica. Se si partisse dai dati e non dai pregiudizi, si vedrebbe che chi ha fatto il Classico ha una reale mentalità scientifica, quella che parte dall’osservazione attenta e rigorosa dei particolari, ne astrae delle conclusioni, sa distinguere variabili e costanti, per giungere ad una soluzione, e sa infine applicare questo metodo a problemi di ogni tipo, una volta acquisite le specifiche nozioni tecniche. Il fatto è che nel mondo di oggi si fa una grande confusione fra scienza e tecnologia e si tende a ridurre la prima alla seconda, il cui grave rischio è quello di poter essere meccanica ed irriflessa; in realtà la società in cui viviamo è ipertecnologica, ma pochissimo scientifica. Se si avesse veramente a cuore la formazione di una mentalità scientifica, critica, problematica, si riconoscerebbe che lo studio della lingua latina e della lingua greca può concorrere con grande efficacia a questo risultato: chi conosce la realtà dell’insegnamento di queste lingue sa che l’analisi di un testo latino e greco avviene con tecniche e procedure che richiamano ad es. quelle della programmazione informatica (che non a caso usa dei linguaggi dotati di una loro sintassi) ed utilizza operatori logici che sono in comune con le materie “cosiddette scientifiche”; in questo senso la distinzione “vulgata” fra materie umanistiche e scientifiche è impropria e fuorviante .Premesso questo, tradurre un testo latino e greco ha però una valenza formativa che va oltre la procedura rigorosa e scientifica applicabile ad un problema di matematica, che raggiunta la soluzione si esaurisce in se stessa, almeno nell’ usuale esperienza scolastica; significa anche confrontarsi col “diverso”, sul piano linguistico e sul piano culturale (due piani strettamente associati fra loro ed inseparabili per una comprensione totale): non si può tradurre se non ci si pone, per quanto possibile, nei panni, nel modo di pensare e comunicare di un autore che è vissuto in un contesto lontano nel tempo e diverso dal nostro, con modelli valoriali differenti ed un modo peculiare di considerare se stesso, i suoi simili, il mondo nel suo complesso. Questo confronto condotto in più anni, con un livello di approfondimento e complessità crescenti, contribuisce, ovviamente in forte sinergia con altre discipline, alla creazione del senso storico (drammaticamente carente nei ragazzi di oggi), induce sempre alla riflessione (utile riequilibrio all’immediatezza mordi e fuggi di tanti messaggi della comunicazione moderna) e talora al dubbio (caratteristica umana tanto preziosa quanto pericolosamente assopita nell’odierna società), stimola alla creatività (o per sviluppo o per contrasto rispetto a ciò con cui ci si è confrontati). Dall’altro lato il Liceo Classico, per la singolarità del suo impianto culturale, assolutamente non convenzionale e non conformista nel panorama attuale, può veramente svolgere la funzione di coscienza critica della nostra società. Facciamo il caso della formazione dei futuri medici. Con il sistema dei test è stato reso più difficoltoso l’accesso ai diplomati del Classico, ai quali può mancare sul momento qualche nozione di chimica o di analisi matematica, peraltro tranquillamente acquisibile in tempi brevi, ma che, oltre a conoscere il Greco, da cui deriva tutta la terminologia medica e farmaceutica, sono dotati di una formazione culturale più ampia, sono abituati a correlare fra loro i vari elementi della realtà, ad osservare le cose in profondità ed in modo problematico, a dare il giusto rilievo agli aspetti psicologici ed umani; un buon medico dovrebbe avere in dotazione una buona dose di “humanitas” nel senso classico quando si confronta con il suo paziente, considerandolo come persona in tutte le sue componenti, non solo quelle fisiche e biologiche, ma anche intellettive, sociali, relazionali, in quanto inestricabilmente intrecciate fra loro. Alla base del calo di iscritti del Liceo Classico ci sono sì dei fattori contingenti che potranno forse rientrare in un prossimo futuro, ma c’è anche una scelta di banalizzazione ed appiattimento del sistema scolastico, dagli effetti purtroppo più duraturi, che la politica, oggi prigioniera della propria incapacità, ha effettuato sotto la pressione dei poteri economici, i veri padroni del mondo. Se un domani la classe politica, affrancandosi dall’ossessione di “rassicurare i mercati”, di “fare ciò che il mercato richiede”, vorrà impostare un percorso più lungimirante, per creare una società più ordinata, razionale ed a misura d’uomo, creativa ma anche capace di individuare in modo critico i pericoli del cosiddetto “progresso” e di correggerne eventuali errori, dovrà probabilmente ripartire da una formazione completa della persona, quale quella che il Liceo Classico, pur tra mille difficoltà, continua ancora oggi a garantire.

Pina Di Caprio